Tao Tao 2
Riprendiamo il discorso sul Tao, dicevo nel precedente post di come questa religione si fosse insinuata in me sottopelle.
Il Tao una volta iniettato, ha proseguito a modificarmi nel corso degli anni; all’epoca ero sicuro che il Tao fosse dannoso, ora non saprei dire, di certo lo odiavo; la sua passività distruggeva i miei slanci, toglieva senso alle mie azioni, mi privava di ciò che cercavo: un fine ultimo, superiore; non un interesse, ma una nobile causa e il Taoismo portò in me, senza tatto, il quesito della relativizzazione di ogni agire.
Se ogni decisione/azione è inutile, anche il fine pensavo, lo deve essere. Ci sono voluti decenni per capire che il Fluire consiglia il viaggio ed é invece il Fine in sé e per sé a non esistere. Non siamo essere inutili e neanche le nostre azioni lo sono, ma unicamente se in armonia col Flusso.
Credo di potermi ricollegare a Paulo Coelho e la sua letteratura dedicata ai segni del destino, per spiegare cosa intendo con i “consigli” del Taoismo: piccoli accadimenti che indicano il cammino verso cui volgersi.
Certo può essere tutta autosuggestione, vedere in ciò che accade un secondo livello di lettura, ma anche i testi sacri hanno diversi livelli di comprensione e se il Divino parla con questa tecnica, anche gli accadimenti che sono figli del Fluire, cioè di Dio, possono seguire lo stesso principio.
In realtà le letture Taoiste non le ho capite del tutto sotto questo aspetto, quanto nichiliste o meno esse siano; ricordo a tal proposito la storia di un saggio che sosteneva che essere Tao era nascere, vivere, morire, facendo il meno rumore possibile. Ridicolizzava così un re col quale discuteva, sostenendo che tutte le azioni di quest’ultimo erano prive di senso, così come quelle di ogni altro essere umano: dal contadino, al servo, al re appunto. Mi fece una grande impressione e anche rabbia.
Era come se il Tao mi volesse togliere la giovinezza, invece il Tao cercava di darmi in mano un lumicino con cui cercare una strada fra le tante, uno strumento con cui oggettivare la propria vita rispetto al caos di consigli e visioni che ci circondano.
Spesso per varie ragioni, (tra cui mio malgrado ancora la mistificazione istintiva che provo verso il Tao) cado nella trappola della non azione. Siamo essere umani, siamo noi a determinare cosa è utile o no; tutto è inutile come utile, il Flusso non discerne una risposta a questo (non può), ci suggerisce con il suo fluire i momenti adatti in cui cogliere delle opportunità.
Il Flusso per ora lo accetto come indicatore del tempo e della direzione adatta dell’agire; se si anticipa o posticipa un giusto proposito, si perde la corretta finestra di realizzazione.
Il Tao rispetta il libero arbitrio, cioè permette lo sbaglio. Una vita senza errori è una vita inconsapevole. Sbagliare non vuol dire chiudere una strada indicata, ma raggiungerla per altre vie. Ciò che fluisce non può essere fermato, né tantomeno perso.
Non esiste un fine migliore o peggiore, esiste l’uomo, come esistono le piante e le foglie, esiste un percorso e una fine temporale.
Il Tao ci svuota dalla finta realtà composta da obiettivi, dandoci un vuoto da riempire liberamente,(accettando di seguire o meno il fluire) consigliandoci di non rovinarci l’esistenza inseguendo un traguardo che é, quello si di sicuro, autosuggestione pura.
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